Poggio Mirteto - Bocchignano - Farfa

Poggio Mirteto - Bocchignano - Farfa

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POGGIO MIRTETO

Nel nome di questa cittadina della Bassa Sabina sono racchiuse le sue origini e la sua storia. Poggio Mirteto, difatti, sorge sulla sommità di una collina, un poggio per l'appunto, dal quale i fondatori del paese dominavano la vallata ed il territorio circostante.La campagna, allora come oggi, era caratterizzata dalla presenza di un arbusto sempreverde modesto e gentile, dalla fioritura bianca non appariscente, che segna precocemente l'arrivo della stagione primaverile: il Mirto.Poggio Mirteto nasce oltre che geograficamente, storicamente alla confluenza della civiltà italica con quella romana. Roma, aveva molti motivi per guardare con interesse queste terre ricche e generose, ben popolate ed economicamente autosufficienti.Nel corso degli anni si moltiplicarono gli incontri e gli scontri fra genti romane e genti sabine, come testimoniano le leggende che affiancano la storiografia ufficiale e che narrano di un intreccio profondo tra i due popoli, nel bene e nel male, fecondo e portatore di sviluppo."Il Ratto delle Sabine" forse tra tutte è la leggenda che meglio simboleggia quanto questi popoli fossero indispensabili e complementari l'uno all'altro.Numerose ville rustiche antiche fattorie dell'epoca furono costruite in Sabina, divenne il naturale approdo, il serbatoio dal quale attingere elementi umani e ricchezze naturali.

 

BOCCHIGNANO

Nonostante si ritenga che il borgo di Buccinianum o Vacunianum (come viene chiamato nelle fonti medioevali) abbia avuto origine come fortificazione romana, la prima prova certa della sua esistenza risale al settembre del 939, con la cessione di parte del castello all'abbazia di Farfa. Successivamente la famiglia Crescenzi se ne impossessò, ma l'abate Ugo I ne chiese la restituzione all'abbazia. Non riuscendo nel suo scopo, fu costretto a chiedere aiuto a Papa Benedetto VIII, il quale intervenne personalmente assediando il castello, che si arrese per mancanza d'acqua il 18 luglio 1014.
Tra il dicembre del 1153 e il gennaio del 1154 ci fu un tentativo di trasformazione in libero comune, che però venne immediatamente represso e segnò per gli abitanti l'inizio di un periodo buio e difficile, aggravato nel luglio del 1235 dall'assedio dell'esercito della città di Viterbo, che su ordine del Papa Gregorio IX incendiò e distrusse il castello. La rinascita si ebbe solo agli inizi del XIV secolo, quando il nobile Processo Rossi ne iniziò la ricostruzione, proseguita poi dal figlio Matteuccio, un sovrano saggio e illuminato. Alla sua morte, però, il paese fu indebolito da una guerra contro Fara Sabina e all'inizio del XV secolo finì per essere nuovamente saccheggiato. Venne allora acquistato da Giovanni da Fogliano, che ricostruì gli edifici distrutti e innalzò la Chiesa di San Giovanni, e nel 1482 dalla famiglia Orsini. Nel 1589 Papa Sisto V tolse il potere alla nobiltà locale, e Bocchignano rimase unicamente sotto il governo dello Stato Pontificio.
Nel 1853 fu nominato comune, e tale rimase fino al 9 maggio 1880, quando con un decreto di Agostino Depretis ritornò ad essere una frazione.
È stato notevole il contributo dato dalla popolazione di Bocchignano durante la Resistenza Partigiana in Sabina. Infatti, il suo parroco Don Igino Renzi era il cappellano ufficiale di una delle formazioni partigiane sul territorio. Egli salvò la vita a 30 Bocchignanesi che erano stati accusati dal comando locale Nazista, di aver ucciso 3 soldati del Reich.

 

FARFA

L'abbazia crebbe in importanza e considerazione e ricevette elargizioni, privilegi, esenzioni, da parte di imperatori e papi e diventò così una vera potenza interposta fra il patrimonio di Pietro ed il Ducato di Spoleto.Farfa era un'abbazia imperiale, svincolata dal controllo pontificio ma vicinissima alla Santa Sede, tant'è vero che il suo abate era a capo di una diocesi suburbicaria (quella attualmente confluita nella diocesi Sabina-Poggio Mirteto ne è solo una parte, visto che in origine essa seguiva l'orografia appenninica fino a lambire i territori del primo nucleo territoriale pontificio, quello che Liutprando ricavò dal "corridoio bizantino" con la donazione di Sutri). Nel momento più alto della sua potenza l'abbazia controllava 600 tra chiese e conventi, 132 castelli o piazzeforti e 6 città fortificate, per un totale di più di 300 villaggi: si diceva che l'abate facesse ombra alla potenza del papa, ma in realtà il suo potere era quello di un vero e proprio legatario imperiale incaricato della difesa del Lazio e della rappresentanza degli interessi imperiali presso la Santa Sede. Uomini colti, degni e devoti, si succedettero alla direzione dell'abbazia, come ad esempio l'abate Sicardo, parente diCarlo Magno. Durante il regno di Carlo Magno, l'abbazia ebbe il massimo sviluppo edilizio, che ne modificò così tanto la struttura originale che solo di recente è stato possibile ricostruirla. In pochi decenni divenne uno dei centri più conosciuti e prestigiosi dell'Europa medievale; Carlo Magno stesso, poche settimane prima di essere incoronato in san Pietro il 25 dicembre 800, visitò l'abbazia e vi sostò. Per comprendere l'importanza economica di Farfa basti pensare che nel terzo decennio del IX secolo, sotto l'abate Ingoaldo, essa possedeva una nave commerciale esentata dai dazi dei porti dell'impero carolingio.
La penetrazione dei Saraceni - dopo sette anni di resistenza delle milizie agli ordini del capitolo del monastero - indusse l'Abate Pietro I ad abbandonare Farfa; l'Abbazia fu presa e incendiata. Uno dei tre gruppi di monaci fuggiaschi, trovò riparo a Roma. Restò traccia della presenza dei monaci nell'insula francese di Roma: nei pressi della chiesa di San Luigi dei Francesi e nei luoghi che avevano ospitato le Terme di Nerone furono ritrovate - durante i lavori di restauro dei sotterranei di palazzo Madama, ad opera dell'amministrazione del Senato alla fine degli anni ottanta del XX secolo - tracce di un cimitero appartenente al capitolo degli abati di Farfa.
Passato il pericolo il capitolo tornò a Farfa sotto la guida di Ratfredo che, divenuto Abate, nel 913 completò la chiesa. Con la decadenza dell'Impero carolingio, nel periodo degliOttoni la fedeltà imperiale del capitolo abbaziale - che intanto aveva abbracciato la riforma cluniacense - si tradusse in filo-germanesimo, che proseguì lungo tutto il periodo della lotta per le investiture.

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